lunedì 28 febbraio 2011

domenica 20 febbraio 2011

“SENZA LUCE”
“IL SUONO DEL SILENZIO”


ODO IL VIBRARE DEL TEMPO,
VEDO LA LUCE NEL BUIO DELLA NOTTE.

ODO IL VUOTO DI UN MARE IN PIENA,
VEDO IL BUIO NEI GIORNI DI PRIMAVERA.

ODO I PASSI DI GENTE CHE NON CAMMINA,
VEDO UN CIELO TRAPUNTO DI STELLE.

ODO IL DOLORE DI CHI NON SOFFRE,
MA VEDO CHI SOFFRE NEL SILENZIO.

E MAI NESSUNO SAPPIA DELLA “SUA” IMMENSA,
PERCHE’ DA QUANDO VENNE ALLA LUCE

NON VIDE MAI LA LUCE,
“MA ASCOLTA…………………….OGNI SILENZIO”
                                Gino Luigi Miggiani…”Clochard!!”

da LA VERA CRONACA

Isolamento sociale: la mia vita da clochard
Lunedì 11 Ottobre 2010 00:00
Nel cuore di Roma a pochi passi da piazza San Pietro, cuore della cristianità, proprio nel mezzo del continuo fluire di turisti e visitatori c’è un uomo che da oltre 7 mesi inscena apertamente la sua protesta per denunciare la propria condizione di esclusione sociale; dall'inizio di Marzo 2010 in via delle Fornaci, uscita del sottopasso per piazza San Pietro, tutti i giorni con regolare autorizzazione prende possesso di quella porzione di strada esponendo molteplici cartelli e lettere indirizzate alle varie autorità per catturare l'attenzione dei passanti. Una forma di protesta singolare e per certi versi colorita attraverso la quale porta la sua condizione di disagio sotto gli occhi di tutti nella speranza che qualcuno possa notare e decodificare il suo messaggio che parla del dramma dell’esclusione sociale.

Decidiamo di incontrarlo e passare un po’ di tempo con lui durante uno dei tanti pomeriggi della sua protesta.
Luigi Miggiani, questo il suo nome, è un ex consulente aziendale progettista meccanico di Torino; ha 64 anni e da circa 12 è totalmente isolato dal resto del sistema sociale. La sua condizione da clochard contrasta apertamente con il look elegante che lo contraddistingue: “vesto in giacca e cravatta per dar più risalto alla mia protesta, ma non deve trarre in inganno; sono un barbone a tutti gli effetti come gli altri.” Questo il biglietto da visita con il quale ci introduce nel suo mondo.    
“Sto scrivendo anche un libro – ci dice con un pizzico di orgoglio -  nel quale racconto la mia vita da clochard con tutto quello che mi è stato fatto a livello di soprusi e violazioni dei diritti; sono stato anche  diffamato, calunniato, ovunque vado ho terra bruciata intorno. Il libro è scritto in forma di denuncia pubblica e lettera aperta al Capo dello Stato ed è diviso in 2 volumi scritti a mano. Racconterò la mia vita per descrivere tutti i passaggi che portano una persona normale a finire in mezzo alla strada ed a diventare barbone.”
I passaggi, come ci spiega lui stesso, sono molteplici, non si diventa barboni dall’oggi al domani e quello di finire in mezzo ad una strada rappresenta per lui l’ultima stazione di una via crucis che segue il binario della disperazione. “Ci sono tutta una serie di passaggi che ti portano a questo; finire in mezzo ad una strada è l’ultima fase, lo stadio terminale. Io sono un ex consulente aziendale e sono qui a protestare per fare in modo di smentire quella voce che dice che questa è una scelta; non c’è nessuno che lascia volontariamente la propria casa per andare a vivere all’addiaccio in mezzo alla strada. La mia protesta quindi è per cercare di portare alla luce questa grave carenza anticostituzionale, che è l’isolamento sociale. Si parla tanto di omosessualità, di differenza di razza e colore ma non si parla mai di questa altra forma di discriminazione; l’isolamento sociale è una condanna a morte.”
Quello che il signor Miggiani vorrebbe porre all’attenzione dell’opinione pubblica è la gravissima condizione di esclusione sociale in cui versano, sotto gli occhi di tutti, moltissimi cittadini: “Ci sono anche diversi professionisti per strada; ingegneri, architetti, c’è anche l’operaio. Tutte le categorie sono rappresentate. Ormai conosco tutti i clochard che vivono per la strada; queste persone muoiono di stenti, per il freddo durante l’inverno, muoiono triturati nei cassonetti della spazzatura, dove spesso si rifugiano per ripararsi dal freddo. Solo che non se ne parla più di tanto.”
Gli chiediamo di raccontarci la sua situazione:
“Come dicevo prima, questa non è una scelta, ma l’ultimo passaggio di un percorso: anche nel mio caso non ho scelto io questa condizione, mi ci sono trovato. È da 12 anni che sono isolato da tutto il contesto lavorativo, pensionistico, assistenziale; non mi danno neanche la pensione di invalidità, ed io soffro di cardiopatia gravissima, sono a rischio di morte improvvisa, ho sette ernie del disco, problemi alla tiroide. Dovrei avere minimo l’invalidità del 100 %, ma non mi riconoscono più del 65% evidentemente per non farmi avere un sostentamento. Sono senza fissa dimora ho la macchina parcheggiata qui a pochi metri e vivo lì dentro. Mi hanno rotto i finestrini, bucato le ruote, questi sono gli altri rischi che si corre vivendo per strada.”
Da questa condizione di isolamento sociale, tuttavia, il signor Miggiani è riuscito comunque a raccogliere le forze ed a canalizzarle in questa forma di protesta, costante e civile, per non sentirsi del tutto invisibile all’interno della società: “Quello che vorrei è mettere in evidenza questo grave problema, dire ai nostri politici che guardino la nostra Costituzione dove c’è scritto che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro e la sovranità appartiene al popolo; allora io sarei una sovranità, ridotta in mezzo alla strada. Sono 7 mesi che protesto, 1000 ore di presenza fisica, circa 10 ore al giorno ma non è mai venuto nessuno; sono andato in tutte le sedi istituzionali e politiche. Sono un nessuno, questo sto cercando di dire; noi siamo gli invisibili.”
Tra l’altro, come dicevamo prima, il signor Miggiani ha tutte le autorizzazioni in regola per manifestare in quel tratto di strada il suo dissenso: “Ho l’autorizzazione per stare qui – ci dice mostrandoci i fogli - devo andare ogni 2 giorni a chiederla in Questura. Devo dire che ora stanno cercando di togliermi anche quest’ultimo diritto che mi è rimasto; l’ultima volta che sono stato in Questura, infatti, mi hanno accusato di essermi accampato qui. Gli ho risposto che quello che sto facendo è una protesta, l’unico diritto che mi è rimasto; almeno questo non me lo possono togliere. Io starò qui fino a quando non sarà preso in considerazione questo aspetto sociale; parlo anche a nome di coloro i quali sono morti, magari triturati dai camion della spazzatura.”
L’ultima riflessione con la quale ci congediamo dal signor Miggiani, nel viavai di passanti, è piuttosto dura e amara: “ho una salute cagionevole, probabilmente sono alla fine anche io, però prima che il Signore mi chiami vorrei gridare anche a nome di coloro che sono morti in mezzo alla strada e portare alla luce questo aspetto. Questa è condanna a morte; l’isolamento sociale è la peggiore delle condanne a morte, consumata tutti i giorni sotto i nostri occhi. Ogni giorno, per me, è vivere la morte.”

                                                                                                                                                                                           Pierfrancesco Palattella

Sette volanti per arrestare il profeta dei campanili

Sette volanti per arrestare il profeta dei campanili


C' E' UN uomo in ospedale che per hobby costruisce campanili a forma di navicelle spaziali, perchè è convinto che la fede debba portarci lontano, in un altro sistema solare ("e sociale"). Sabato scorso è salito su un tavolino e si è legato a un albero in via delle Fornaci, a un passo dal Vaticano: gesto emblematico, voleva forse significare che la Chiesa di oggi, a un passo dal Giubileo, avrebbe bisogno di un po' della sua fede. Ma è arrivata la polizia e l' ha tirato giù, lui dice bruscamente, e adesso Luigi Miggiani si trova al Santo Spirito, reparto Baglivi, "medicina e non psichiatria" puntualizza, con un trauma al ginocchio destro dovuto alla caduta. Ha un ago nelle vene, con dentro acqua e sale, perchè dal 16 gennaio fa lo sciopero della fame. Ha 52 anni e da come parla non sembra certo un matto. Sicuramente è uno che crede in quel che fa, anche a costo di rimanere incompreso. Sabato sera la polizia deve avere un po' esagerato: "C' erano sei volanti qui, neanche dovessero arrestare Totò Riina - racconta scandalizzato il padre del cartolaio di via delle Fornaci, testimone dell' episodio - Sembrava una carica della polizia russa, quel poverino non stava facendo niente di male, un fotografo è stato subito allontanato in malo modo. Gridavano tutti. Un poliziotto giovane, sulla trentina, che sembrava il più esagitato, con un coltello ha reciso le funi, poi l' uomo è stato abbrancato e tirato via. Quando è caduto ha lanciato un urlo per il dolore, mentre gli agenti infierivano sui manifesti e sui cartelloni, strappandoli e calpestandoli con furia. Io che sono un vecchio democratico mi sono vergognato per loro". Il dirigente del commissariato Aurelio, Paolo Tiberti, fornisce una versione differente: "C' era il timore che l' uomo potesse compiere gesti estremi - dice - Pare che avesse già dato dei segni di squilibrio. Comunque sono critiche ingiuste: la polizia ha sempre torto, quando interviene e quando non interviene...". Probabilmente una parte di ragione ce l' hanno tutti. I poliziotti, che fanno una vita dura per strada e sono esposti a mille rischi, a mille tensioni. E il signor Luigi, che intanto in cima all' albero rivendicava convinto i suoi diritti.
FINO al ' 94 lui faceva l' imprenditore a Torino, progettista meccanico, poi gli si è sfasciata l' azienda e appresso anche la famiglia. Una moglie, due figli. A volte succede. Loro sono rimasti in Piemonte. Invece Luigi è tornato indietro, è tornato a casa, a Napoli, da dove era partito a 16 anni dietro a suo padre maresciallo di marina. San Giuseppe Vesuviano: la storia riparte da qui. Il suo "cuore sportivo - dice - da alfista" (la Giulietta color amaranto è ancora parcheggiata in via delle Fornaci, da sabato) riprende a battere per un' altra donna. Il signor Miggiani ricomincia a fare progetti. Intanto vuol sdebitarsi con la chiesa di Poggiomarino, il comune confinante, che ha ospitato la sede della sua ultima società. Decide che il regalo sarà un campanile. Ma prima bisogna recuperare la chiesa, fatiscente. Lui però non ha alcuna esperienza da muratore: per caso si arrende? No, giammai. Prende cazzuola e martello e si mette da solo a restaurare l' edificio dell' Assunta. L' altare di marmo col tempo è diventato nero, allora lo grattugia, lo fa tornare bianco. E non è finita. Fruga con amore nella vecchia soffitta, là trova degli antichi messali, 2500 pagine in tutto, le rimette in ordine, le rilega: la chiesa ha di nuovo la sua memoria storica. Cambia il parroco, però, nel frattempo. Arriva don Santo e dopo un po' arriva anche la cattiva notizia. Il "futuristico" campanile d' acciaio a 3 campane e 6 corde ("dal suono rivoluzionario e profetico") rimarrà dove si trova adesso, cioè da qualche parte per terra. La chiesetta dell' Assunta avrà un altro campanile oppure non ne avrà affatto. "Promesse non mantenute, ecco quello che più mi fa male", spiega Luigi col suo ago in vena, "non sono i soldi che voglio, non chiedo risarcimenti, anche se l' opera l' ho realizzata a spese mie". Ecco allora l' ultimo viaggio a Roma, con in tasca una lettera per il papa, contro quelli che considera cattivi esempi della cristianità, a due anni dal Giubileo. Il 16 gennaio chiede l' autorizzazione al Campidoglio, vuol fare tutte le cose in regola, il signor Miggiani, lui è un tipo preciso. Dice che la sua richiesta in Comune viene accolta col numero di protocollo numero 1578 e che la mostra al vigile urbano quella mattina stessa, in via delle Fornaci, quando il pizzardone gli va a chiedere i documenti. Il vigile confermerà. è così preciso, pignolo, il signor Luigi, che adesso dal suo letto d' ospedale alza lo sguardo e si mette a contare tutte le travi e gli spazi dell' ampio monumentale soffitto a cassettoni del nosocomio ("2800 cassettoni suddivisi in 14 spazi, 15 travi di interspazio grandi, 2450 traversette, 3276 chiodi dorati..."). Deformazione professionale: un progettista è abituato a fare calcoli tanto complicati. Gli infermieri del Santo Spirito si son fatti dare quei numeri e ieri li hanno giocati al Lotto.
                                                                
                                                        tratto da : Repubblica 27/01/1998- di FABRIZIO CACCIA